Gruppi Ecclesiali

CAMMINO NEOCATECUMENALE

NOTA STORICA
29/06/2002
A cura di Ezechiele Pasotti

  • Nel 1964, Francisco (Kiko) Argüello, un pittore nato a León (Spagna), e Carmen Hernández, laureata in chimica e formatasi nell'Istituto Misioneras de Cristo Jesús, si incontrano tra i baraccati di Palomeras Altas, alla periferia di Madrid. Dopo tre anni, in questo ambiente composto soprattutto da poveri, si forma una sintesi kerigmatico-catechetica che, sostenuta dalla Parola di Dio, dalla Liturgia e dall'esperienza comunitaria, e sulla scia del Concilio Vaticano II, diventerà la base di ciò che il Cammino Neocatecumenale porterà in tutto il mondo.
  • alle baracche l'esperienza passa presto ad alcune parrocchie di Madrid e di Zamora. Nel confronto, al quale fu sottomessa la sintesi kerigmatico-catechetica formatasi tra i baraccati di Palomeras Altas, presto si vide come nelle parrocchie soprattutto benestanti le catechesi erano usate per "sopravvestirsi", come conferenze, non come un cammino di conversione e di "kenosis", dove far morire a poco a poco l'uomo vecchio, per poter essere rivestiti della nuova creazione nello Spirito Santo.
  • La comunità è la Chiesa: che è il Corpo visibile del Cristo risorto. Nasce dall'annuncio della "Buona Novella" che è Cristo, vincitore in noi di tutto quello che ci uccide e distrugge.
  • Questo annuncio è apostolico: unità e dipendenza dal Vescovo, garanzia della verità e della universalità.
  • Siamo chiamati da Dio a essere sacramento di salvezza all'interno dell'attuale struttura parrocchiale; inizia un cammino verso la fede adulta, attraverso un Catecumenato vissuto mediante il tripode: Parola di Dio, Liturgia e Comunità.
  • Rendere visibile un nuovo modo di vivere oggi il Vangelo, tenendo presente le profonde esigenze dell'uomo e il momento storico della Chiesa.
  • Aprire un cammino. Chiamare a conversione.
  • Non si impongono. Sentono il dovere di non distruggere niente, di rispettare tutto, presentando il frutto di una Chiesa che si rinnova e che dice ai suoi Padri che sono stati fecondi, perché da essi sono nate.
  • Queste comunità sono nate e desiderano rimanere dentro la Parrocchia, con il Parroco, per dare i segni della fede: l'amore e l'unità. "Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli" (Gv 13,34-35). "Padre, io in essi e tu in me; affinché siano perfettamente uno e il mondo sappia che tu mi hai mandato" (Gv 17,23). L'amore nella dimensione della Croce e l'unità sono i segni che creano gli interrogativi necessari perché si possa annunciare Gesù Cristo (...).
  • lcuni anni più tardi, quando il Cammino era già diffuso in molte parrocchie di Roma e in varie diocesi d'Italia, gli iniziatori furono chiamati dalla Congregazione del Culto divino, perché volevano sapere in che cosa consisteva quell'itinerario di riscoperta del Battesimo e i riti che facevamo. L'allora Segretario della Congregazione, Mons. Annibale Bugnini, e il gruppo di esperti che erano con lui, rimasero enormemente impressionati nel vedere che ciò che stavano elaborando da alcuni anni sul catecumenato per gli adulti - e che presto sarebbe stato pubblicato come "Ordo Initiationis Christianae Adultorum" (OICA) -, lo Spirito Santo, partendo dai poveri, lo stava già mettendo in opera. Dopo due anni di studio di ciò che le comunità facevano, pubblicarono nella rivista ufficiale della Congregazione (Notitiae), in latino, per tutta la Chiesa, una nota laudatoria: "Praeclarum exemplar" dell'opera che stava svolgendo il Cammino neocatecumenale . Con loro si concordò il nome da dare al Cammino: "Neocatecumenato", come itinerario di formazione cristiana post-battesimale che segue le indicazioni proposte nel Capitolo IV dello stesso Ordo. In esso si dice infatti che alcuni riti per i non battezzati, proposti dall'OICA possano essere adattati anche a coloro che sono già battezzati, ma non sufficientemente catechizzati.
  • i fronte alla situazione del Nord Europa, dove la secolarizzazione dura ormai da molti anni, la Chiesa si va riducendo e si trova in una situazione di debolezza estrema - soprattutto è distrutta la famiglia -, ispirati dalle parola del Santo Padre, Kiko e Carmen hanno visto la necessità di inviare famiglie in missione, sia per fondare la chiesa in alcune zone di "terra nullius", come una "implantatio Ecclesiae", sia per aiutare a rafforzare le comunità esistenti con famiglie che mostrino il volto di una "famiglia cristiana".

Così gradualmente venne apparendo il Battesimo, come cammino da percorrere per arrivare a una fede adulta, capace di rispondere ai cambiamenti sociali che si stavano verificando.Ben presto apparve la necessità di fare una prima riflessione sull'esperienza di ciò che stava accadendo, di ciò che il Signore stava compiendo in quelle comunità. Nell'aprile del 1970, a Majadahonda, nei pressi di Madrid, gli iniziatori del Cammino, Kiko e Carmen, insieme ai responsabili, presbiteri e qualche parroco delle prime comunità esistenti, si riunirono per fare una prima riflessione su ciò che lo Spirito Santo stava attuando in mezzo a loro. Si preparò un questionario con una domanda base: Che cosa sono queste comunità che stanno sorgendo nelle parrocchie?Dopo tre giorni di preghiera e di lavoro si giunse, all'unanimità, a questa riposta:Che cos'è la ComunitàMissione di queste comunità nell'attuale struttura delle ChieseCome si realizza questa missioneAl termine della convivenza venne l'allora Arcivescovo di Madrid, che già aveva conosciuto l'esperienza delle baracche e aveva invitato a portarla nelle parrocchie. Gli venne letta la riflessione maturata durante l'incontro. L'Arcivescovo, dopo averla ascoltata, esordì dicendo: "Se l'avessi scritta io, sarebbe la pagina più bella della mia vita".Insieme a questi momenti salienti della storia del Cammino, va ricordata la caratteristica di fondo che lo costituisce e che lo Statuto riconosce: la possibilità di vivere la vita cristiana in comunità, recuperando il modello ecclesiale dei primi secoli.Il Cammino neocatecumenale si è proposto, sin dal suo sorgere, come un cammino di iniziazione alla fede: non è una spiritualità particolare, ma un cammino di gestazione, "un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni" (Giovanni Paolo II, Lettera "Ogniqualvolta").È un processo di maturazione alla fede che ricostruisce la comunità cristiana: e questa diventa segno per il mondo, resiste al processo di secolarizzazione. In questo cammino di fede verso la radicalità del proprio Battesimo diventa centrale la comunità cristiana e, come nucleo fondamentale di essa, la famiglia. È in seno ad una comunità cristiana concreta che si fa, in prima persona, un'esperienza viva e diretta della vita cristiana. Si riceve una parola, che si fa liturgia, che cresce, poco a poco, in koinonia, in comunità. Dio stesso è comunità di persone.Molti sono stati i doni dello Spirito che hanno caratterizzato lo sviluppo del Cammino, in particolare i Catechisti itineranti, le Famiglie in missione, i Seminari "Redemptoris Mater".Vari Vescovi, preoccupati per la situazione di secolarizzazione presente in tante parrocchie, vedendo che in quelle parrocchie dove era nato il Cammino Neocatecumenale si costituivano delle piccole comunità vive, piene di lontani, hanno sollecitato di poter aprire lo stesso percorso di iniziazione cristiana, chiedendo catechisti da altre città e nazioni. Ciò ha dato luogo alla nascita dei Catechisti itineranti. Negli incontri dei catechisti si espongono queste richieste dei Vescovi e si invitano liberamente coloro che si sentono chiamati partire per annunziare il Vangelo a rendersi disponibili a tale missione, in base al mandato del proprio battesimo. Appare così di nuovo un modello di Chiesa primitiva evangelizzata da apostoli e catechisti itineranti, senza che questi formino nessun gruppo particolare. Essi restano inseriti nelle proprie comunità e parrocchie, dalle quali partono e alle quali ritornano periodicamente.Così, a poco a poco, attraverso l'esperienza e in tante convivenze di formazione, si sono costituite équipes itineranti di evangelizzazione, formate da donne e uomini celibi, o da coppie, e da un sacerdote che ottiene il permesso dal proprio Vescovo o dal proprio Superiore religioso. Esse vanno durante un tempo in un'altra diocesi, d'accordo con il Vescovo che li chiama, ad aprire il Cammino Neocatecumenale nelle parrocchie. Detta struttura di evangelizzazione, come un'impalcatura, è coordinata dall'Équipe responsabile del Cammino Neocatecumenale, composta dagli iniziatori, Kiko e Carmen, e da un presbitero, Padre Mario Pezzi. Così, nell'arco di questi anni, il Cammino si è esteso nei 5 continenti.Anche nell'America del Sud, a causa dell'enorme emigrazione dalle campagne verso le periferie delle grandi città e della scarsità del clero per aprire nuove parrocchie, questi enormi agglomerati urbani sono preda delle sette. I vescovi, vista la forza di evangelizzazione che ha il Cammino, hanno chiesto l'invio di famiglie in questi centri periferici, spesso baraccopoli immense, per formare nuclei di evangelizzazione che possano contenere le sette, formando piccole comunità, nell'attesa di poter inviare un presbitero e fondare nuove parrocchie.Tutto ciò ha fatto sì che il Santo Padre Giovanni Paolo II nell'anno 1988 inviasse le prime cento famiglie in molte Diocesi, i cui Vescovi ne avevano fatto richiesta.Queste famiglie, che restano unite alla propria comunità neocatecumenale, inserita nella parrocchia, sono sostenute dalla stessa comunità e dalla parrocchia per ciò che si riferisce a spese di viaggi, affitto delle case, costruzione di nuove chiese, sostegno morale, lettere, preghiere, ecc. Nasce così una proficua collaborazione fra comunità, parrocchia e missione.Dall'opera di evangelizzazione, iniziata dalle famiglie in diverse zone, è apparsa ben presto la necessità di presbiteri che sostenessero le nuove comunità appena formate e con cui si potessero costituire eventuali nuove parrocchie.In questo contesto sono nati i Seminari "Redemptoris Mater": grazie alla visione profetica degli iniziatori del Cammino, al coraggio del Papa Giovanni Paolo II e allo slancio missionario delle famiglie in missione, quasi tutte con molti figli. Fondamentale per la rievangelizzazione e formazione di nuove parrocchie è stata proprio la testimonianza di fede dei figli di queste famiglie.Questi Seminari sono diocesani, eretti dai Vescovi, in accordo con l'Équipe Responsabile internazionale del Cammino, e si reggono secondo le norme vigenti per la formazione e l'incardinazione dei chierici diocesani; sono missionari: i presbiteri che in essi vengono formati, sono disponibili ad essere inviati dal Vescovo in ogni parte del mondo; sono internazionali: i seminaristi provengono da paesi e continenti diversi, sia come segno concreto della cattolicità, sia come segno di disponibilità ad essere mandati ovunque.Ma il dato più significativo di questi Seminari è che essi, da un parte, sono un dono che aiuta le Diocesi ad aprirsi alla missionarietà, ad andare in tutto il mondo e, dall'altra, trovano nel Cammino Neocatecumenale, un sostegno che accompagna i seminaristi durante il tempo della loro preparazione e, divenuti presbiteri, continua a sostenerli nella formazione permanente.

AZIONE CATTOLICA ITALIANA


UNA BREVE STORIA DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA1. Mario, Giovanni e Armida
[...] L'AC è stata fondata da due giovani nel lontano 1868 [...], Mario Fani e Giovanni Acquaderni, rispettivamente di Viterbo e di Bologna. E' accaduto subito dopo che l'Italia era stata "fatta" ed essi fecero appello ai giovani cattolici di tutta Italia perché si unissero in associazione.
Nacque così la Società della Gioventù Cattolica (SGC). Fu allora che si crearono in tutto il Paese gruppi che avevano tutti qualcosa in comune.
Nel 1896 nacque la FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) che si impegnava nell'università.
Un ruolo importante in questo primo periodo lo ebbero anche e soprattutto le donne: il 1° ottobre 1918 una ragazza di Milano, Armida Barelli, fondò la Gioventù Femminile di Azione Cattolica. La GF si diffuse rapidissimamente e divenne ben presto la più forte organizzazione dell'Azione Cattolica nel Paese. Organizzava iniziative popolari, facilmente accessibili a tutti, promuoveva la pubblicazione di libri, appoggiava le missioni, e tante altre cose.
Alcuni anni dopo, nel 1922, fu fondata anche la Federazione Italiana Uomini Cattolici: praticamente si trattava dell'invenzione dei gruppi adulti, ma vi partecipavano solo gli uomini.
2. Gli anni del fascismo
Nel 1923, con l'approvazione dei nuovi statuti, le associazioni nate in passato diventano sezioni della più grande e articolata Azione Cattolica, che inizia ad assomigliare di più a quella dei nostri giorni, anche se uomini e donne continuano ad essere separati.
Entriamo però negli anni bui del fascismo, quando il regime inviò a tutti i prefetti l'ordine di chiudere i circoli dell'AC. In quel periodo c'erano dei giovani che venivano in parrocchia tutte le mattine, alla prima messa, e poi si vedevano di nascosto in sacrestia dove facevano le loro riunioni. Fino a quando poterono riunirsi, cercarono di respingere l'educazione all'odio e alla violenza predicata dallo Stato; poi anche durante la guerra cercarono sempre di incontrarsi e nelle riunioni parlavano di tutti quelli che erano a combattere al fronte, pregavano per loro e mandavano aiuti concreti, molti scrivevano loro lettere per non farli sentire troppo lontani da casa e rincuorarli.
3. L'allegria di Pier Giorgio
Proprio durante i primi anni del fascismo, la vita di un giovane dell'Azione Cattolica di Torino diviene un segno di speranza per tutte le persone che hanno la fortuna di incontrarlo e per coloro che, successivamente, verranno a conoscenza del suo operato. Si tratta di Pier Giorgio Frassati, nato nel capoluogo piemontese nel 1901, figlio del proprietario e direttore del quotidiano "La Stampa". La provenienza da una famiglia agiata non gli impedisce di vivere il suo essere cristiano con semplicità, a partire dalla sua vita di tutti i giorni: con gli amici, come studente del corso di Ingegneria mineraria al Politecnico di Torino (voleva essere d'aiuto ai minatori sfruttati), nell'associazionismo (l'Azione Cattolica, la FUCI, la San Vincenzo, i Terziari Domenicani ed altre), ma soprattutto coltivando un rapporto con Dio autentico, nutrito dalla preghiera e dall'assidua partecipazione ai sacramenti.
Pier Giorgio non era certo un "musone" : pensate che aveva scherzosamente chiamato il suo gruppo di amici, con cui organizzava spesso delle uscite in montagna, "la Compagnia dei Tipi Loschi". Non per questo era meno sensibile nei confronti degli ultimi e dei diseredati del suo tempo ai quali sapeva donare sempre, oltre che un aiuto concreto, un sorriso o una parola di conforto. Non troviamo gesti eclatanti o "miracolosi" nella sua vicenda terrena: lo straordinario nasceva proprio dalla normalità con cui Pier Giorgio viveva tutti i suoi impegni.
Quando morì, nel 1925, stroncato da una poliomielite fulminante, ai suoi funerali si radunò a sorpresa una folla immensa di persone che avevano riconosciuto la sua santità non dal cognome importante, ma dal modo in cui si erano sentite amate.
Papa Giovanni Paolo II ha proclamato Pier Giorgio beato il 20 maggio 1990.
4. Gli anni della rinascita
Subito dopo la fine della guerra l'Azione Cattolica si riprese in grande stile. Tutti si davano da fare negli ambiti più disparati, quello ricreativo, sportivo, scolastico; ci si interessò al mondo dello spettacolo, del lavoro e addirittura si formarono delle Unioni per le singole professioni. Per coordinare tutti questi impegni si crearono le Consulte, a livello nazionale, diocesano e parrocchiale. L'adesione all'associazione in quel periodo fu incredibile; nel 1959, addirittura, ci furono 3.372.000 iscrittti.
L'Italia stessa nel dopo guerra era cambiata molto. L'economia migliorava, venivano costruite le industrie e resi funzionanti i servizi per la persona. Tutti questi cambiamenti influirono sul modo di vivere della gente, sul modo di comportarsi e di pensare. Era il periodo del boom economico. Insieme al popolarsi delle grandi città perdevano importanza le vecchie tradizioni. In sostanza l'ansia generosa di recupero dell'uomo aveva spento Cristo nel suo cuore.
5. Alla scuola del concilio
[...] Il mondo stava proprio cambiando molto in fretta. La Chiesa se ne accorse, anzi, lavorò per molti anni nel Concilio Ecumenico Vaticano II, che fu un momento di straordinaria importanza e segnò profondamente la Chiesa. Vennero concepiti in modo del tutto nuovo la vita della Chiesa ed il suo rapporto con la società. Il Concilio esortò i Vescovi a dare appoggio ai laici e specialmente all'Azione Cattolica.
L'AC, che durante gli anni precedenti aveva lavorato insieme a tutti i soci per preparare il terreno e promuovere questo rinnovamento non si fece trovare impreparata! Proprio in un periodo molto difficile, in piena contestazione, si rinnovò profondamente e pubblicò nel 1969 il nuovo Statuto.
Grande slancio di idee e di impegno nel varare la nuova associazione fu dato dal presidente Vittorio Bachelet. Fu proprio una rivoluzione e l'AC assunse la struttura che ha ancora oggi : vennero unificate le sezioni maschile e femminile e nacquero i Settori Adulti e Giovani, mentre dalle sezioni minori nacque un'unica struttura, l'Azione Cattolica Ragazzi (ACR).
Fu in quella occasione che si riscoprirono le scelte che sono alla base dei cammini che anche adesso compiamo nei nostri gruppi, che possiamo sintetizzare nella scelta religiosa: i laici furono chiamati a recuperare le motivazioni più profonde del loro impegno e a ricordarsi che l'obiettivo del cammino che compivano era la propria conversione.
6. Adesso tocca a noi
Dal 1969 ad oggi sono state celebrate nove assemblee nazionali, nelle quali si sono incontrati i delegati di tutte le diocesi d'Italia dove è presente l'Azione Cattolica per scegliere democraticamente i propri responsabili nel Consiglio nazionale, che a sua volta indicherà ai Vescovi italiani una terna di nomi tra i quali scegliere il Presidente nazionale.
Dopo Vittorio Bachelet si sono succeduti in questo incarico Mario Agnes, Alberto Monticone, Raffaele Cananzi, Giuseppe Gervasio e Paola Bignardi.


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